- Le storie di Mimmo
Va bene, dammi un grembiule
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Un salto nel buio
I suoi occhi sono velati di lacrime. Per Lina è difficile condividere l’entusiasmo di Mimmo, suo marito. La attanaglia un misto di disappunto e preoccupazione: e adesso come faranno?
Mimmo ha appena acquistato quel piccolo locale nel cuore di Bergamo Alta e ora glielo mostra con orgoglio: “Eccolo, è questo qui.”
Imbruttita dalla guerra e dalla miseria, nel 1956 Città Alta non era certo il luogo che vediamo oggi. Si intuiva la sua bellezza nascosta e silenziosa ma era ben lontano dal divenire uno dei borghi storici più belli d’Italia.
Ci sono già due bambine, la vita non è semplice. Mimmo e Lina sono saliti al Nord dalla Calabria qualche anno prima e a ora vivono a Milano. Lui fa il pizzaiolo in un locale a due passi dal Duomo frequentato da gente dello spettacolo e della cultura, come Leo Longanesi, il grande editore.
A Mimmo piace questa clientela così insolita e originale. Sono artisti, si trova bene. Fu proprio scambiando quattro chiacchiere con Longanesi e un cliente abituale che viene a sapere di un locale da rilevare a Bergamo, in Città Alta. È in un paesino di montagna, penserebbe un milanese di Corso Buenos Aires o di Porta Romana, ma a lui sembra un’occasione da non perdere.
Mimmo ha tanta voglia di mettersi in gioco, di realizzare qualcosa di suo, e non ha dubbi sul buttarsi a capofitto in questa nuova avventura.
È bastata una stretta di mano con quel bergamasco taciturno e dalle dita ingiallite dalla nicotina, e ora eccoli qui, davanti a quell’insegna da sostituire.
Mimmo e Lina ora sono pronti per trasferirsi a Bergamo. Le loro valigie sono leggere, perché i ricordi e i sogni non pesano. Città Alta li aspetta per iniziare una nuova avventura.
Una visita inaspettata
Nel cielo azzurro d’aprile, un tiepido sole riscalda le mura antiche dei palazzi. Sono trascorsi solo alcuni di mesi da quando Mimmo ha rilevato quel piccolo locale nel cuore della Corsarola. C’è ancora tanto, tantissimo da fare, lui e Lina lavorano senza sosta dalla mattina alla sera. In cucina e tra i tavoli, poi ci sono i fornitori e infinite commissioni.
Non manca molto all’ora di pranzo quando sulla soglia appare un uomo minuto, eccessivamente coperto, forse si aspettava una temperatura più rigida in quella piccola città lombarda. L’uomo accenna un saluto. Dopo un attimo di smarrimento, Mimmo e Lina lo riconoscono: è Diego Scopelliti, il padre di Lina.
I due giovani sono sorpresi. Quell’uomo serio e di poche parole, senza alcun preavviso ha preso il treno da Reggio Calabria a Milano, per poi raggiungere Città Alta. Solo per venire a trovare sua figlia?
Dopo un timido abbraccio a entrambi Diego vuole appartarsi con Mimmo. Deve parlargli. Là, a Reggio Calabria corre voce che a Bergamo Lina lavori in una pizzeria con suo marito. In quel locale ci sono tanti uomini, troppi. Nella mentalità del profondo sud degli anni Cinquanta, una donna che lavora in un locale pubblico non è vista molto bene. Per questo, spinto dai fratelli, Diego ha preso il treno ed è salito al Nord per verificare la situazione.
Calabrese purosangue, certo, ma Diego Scopelliti non è il tipico uomo del sud. Non si è mai visto nel ruolo del padre severo e autoritario. Al contrario, lui è un uomo paziente e comprensivo.
Vincendo la grande soggezione che ha per il suocero, Mimmo gli spiega che non possono permettersi che le loro quattro braccia e che Lina in cucina se la cava benissimo. Il vecchio genitore resta pensieroso per un attimo, poi annuisce: è chiaro che i tempi stanno cambiando, soprattutto lì al nord. Ora Diego guarda Mimmo negli occhi e gli dice “Va bene, dammi un grembiule”. Da quel giorno, per qualche tempo, le braccia divennero sei.