• La nostra cucina

Il baccalà dell’Annunziata. Una storia di famiglia.

Tempo di lettura 3 minuti

Alle origini di un piatto ci sono intuito, passione e piccoli segreti che lo rendono unico.

È il caso del nostro “baccalà dell’Annunziata”, un piatto ricco e saporito che prepariamo tutto l’anno, chiamato così nel ricordo di nostra nonna.

Annunziata era siciliana. Viveva a Patti, vicino a Messina, ed era bellissima. I capelli lucidi e corvini, la pelle ambrata, un’autentica saracena. Era anche decisamente alta per l’epoca, al contrario di Paolo, di bell’aspetto ma di bassa statura. Lui era calabrese di stirpe normanna. Nato a Reggio Calabria, portava con sfrontatezza la sua zazzera bionda e ammaliava tutti con i suoi occhi azzurri che non lasciavano scampo.

Si sa, in amore gli opposti si attraggono, ma i due non erano differenti solo nell’aspetto, lo erano anche per ceto sociale. Pur non provenendo da una famiglia ricca, Annunziata era pur sempre la nipote del celebre ammiraglio Luigi Rizzo della Regia Marina, a cui Gabriele D’Annunzio dedicò un’intensa e appassionata poesia. Paolo invece era nato in un ambiente povero, fatto di stenti e rinunce, e si arrangiava vendendo carbone d’inverno e pesce fresco nella bella stagione.

Fu proprio il pescato del giorno al mercato di Messina che gli permise di conoscere Annunziata. In quel mite febbraio del 1918 che preannunciava l’arrivo della primavera e la probabile fine della guerra, tra sarde e sgombri ben disposti sul suo banchetto, Paolo cominciò a corteggiare la bella saracena, la quale tuttavia non lo degnava di uno sguardo pur tornando ogni martedì ad acquistare il suo pesce appena sfilato dalla rete.

Paolo cambiò tattica e, per farla ingelosire, cominciò a cantare una tarantella calabrese per vantare le sue capacità di latin lover: “Sciu sciu sciu quante fimmine che ci su”. Annunziata era indispettita, ma più mostrava indifferenza verso Paolo più lui cantava e rideva. Le schermaglie amorose proseguirono per diverse settimane quando Paolo prese tutto il coraggio che aveva e si dichiarò promettendole di sposarla. Le giurò sul suo cuore innamorato che sarebbe tornato di notte per rapirla: “Facimu a fuitina”. Del resto, quella era l’unica possibilità di evitare i matrimoni combinati, che a quei tempi erano la norma. Così, una sera illuminata dalla luna piena, Paolo si decise, prese la sua barca a remi e attraversò lo Stretto.

Temendo non poco l’ira di Scilla e Cariddi, si raccomandò alla benevolenza della Madonna della Lettera, la cui statua si trova ancora oggi nel Porto di Messina. Paolo remava e cantava con il cuore gonfio d’amore per Annunziata. Arrivò a destinazione provato dalla fatica. Fece qualche respiro profondo per riprendere fiato e si recò sotto la casa della sua amata. Iniziò a lanciare dei sassolini sulle ante socchiuse della finestra fino a quando comparve Annunziata. Lei era titubante, mille paure le affollavano il cuore e la mente, ma Paolo non era mai stato così sicuro dei suoi sentimenti, le disse “Ora o mai più”. Queste parole sciolsero le sue ultime riserve, Annunziata strinse la mano a Paolo e salì sulla barchetta.

Dal loro amore nacque Mimmo, quinto di nove figli. Fu un matrimonio felice, anche se la loro esistenza fu segnata dal duro lavoro e i tanti sacrifici, specie tra le due guerre, quando regnava la miseria e di cibo ce n’era davvero poco. Una volta ogni tanto, però, si faceva festa. Soprattutto a settembre, quando in quella città di mare che dalla costa calabra guarda sorniona lo Stretto si celebra la Madonna della Consolazione. “Cu terremotu, cu guerra e cu paci, sta festa si fici, sta festa si faci!” recita un detto popolare reggino.

In quell’occasione nostra nonna svelava le sue qualità di cuoca provetta. Si procurava lo stoccafisso che poi cucinava con pomodoro, olive, capperi, basilico fresco e un tocco personale che non possiamo svelare. È il baccalà alla messinese secondo Annunziata. Lo prepariamo ancora oggi, arricchito da croccanti cipolle di Tropea in pastella, nel ricordo di quella donna austera e di poche parole che quella notte, salendo sulla barchetta di Paolo, scelse di dare origine alla nostra famiglia.